L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo by Giuliano Pontara

L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo by Giuliano Pontara

autore:Giuliano Pontara [Pontara, Giuliano]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Gandhi, non violenza, dottrina etico-politica, tendenze naziste, fallibilismo, socialismo nonviolento, disobbedienza civile
ISBN: 9788865792193
Google: RRy0DwAAQBAJ
editore: Abele
pubblicato: 2019-10-03T22:00:00+00:00


la vita è governata da una moltitudine di forze. Sarebbe molto comodo se si potesse determinare il corso delle proprie azioni in base ad un [unico] principio generale la cui applicazione in ogni circostanza fosse tanto agevole da non richiedere neppure un istante di riflessione. Ma io non riesco a ricordare una sola azione il cui compimento sia stato così facile46.

Un’etica pluralistica solleva difficili dilemmi morali. Nelle situazioni in cui decise di partecipare alle guerre dell’impero, il dilemma di Gandhi fu che, mentre l’obbligo della nonviolenza esigeva che non partecipasse in alcun modo, gli altri spingevano verso la partecipazione. Nessuno dei vari obblighi coinvolti è considerato da Gandhi un obbligo assoluto, o tale da avere sempre priorità sugli altri, ragion per cui sono pensabili situazioni in cui l’obbligo della nonviolenza è posto fuori causa o soverchiato dagli altri due. Gandhi evidentemente riteneva che, nelle situazioni in cui egli offrì di arruolarsi come volontario nell’esercito britannico, i due obblighi di lealtà-obbedienza e di equità-solidarietà fossero più forti e mettessero quindi fuori causa quello della nonviolenza. Per questo egli reputava di poter rispondere ai suoi critici che, quantunque la sua condotta, «se giudicata unicamente con il metro dell’ahimsa» non potesse «essere difesa»47, tuttavia essa non fu moralmente sbagliata. Era coinvolto, inoltre, in un tipo di situazione in cui, pur essendo personalmente un seguace dell’ahimsa, si trovava a dover prendere decisioni in qualità di riconosciuto leader politico di una comunità e di guidare l’agire di gruppi di persone che in gran maggioranza non erano fautori della nonviolenza.

Per evitare equivoci e fraintendimenti rispetto a una concezione etica pluralistica del tipo di quella sostenuta da Gandhi, è però opportuno richiamare l’attenzione su due ulteriori punti.

In primo luogo, va sottolineato che i due principi di lealtà ed equità valgono ove i seguaci dell’ahimsa, e più in generale i cittadini, siano membri di uno Stato o di un sistema fondato su ordinamenti di giustizia, o comunque ritenuti in buona fede tali. Non valgono, invece, nel caso in cui il seguace dell’ahimsa si trovi a vivere in uno Stato o nell’ambito di un sistema sociale fondati sull’ingiustizia, lo sfruttamento sistematico di altri e il terrore, e pertanto tale che egli non solo non si identifica con esso, bensì ne auspica l’abolizione o comunque una radicale trasformazione.

Il secondo punto riguarda la forza dei principi di lealtà ed equità quando essi trovino applicazione e vengano in conflitto con altri, in questo caso con quello dell’ahimsa. Non è detto che in tali situazioni di conflitto le esigenze dei primi due siano sempre soverchianti; si possono dare situazioni in cui vale il contrario. Tali situazioni sono, ad esempio, quelle in cui lo Stato o il sistema con cui il seguace dell’ahimsa per il resto largamente si identifica, è coinvolto in guerre, operazioni militari o politiche militaristiche che colpiscono in modo indiscriminato civili innocenti, o la cui violenza è giudicata del tutto sproporzionata. In tali situazioni il principio dell’ahimsa può avere il sopravvento e giustificare il ricorso alla disobbedienza civile e altre forme radicali di opposizione nonviolenta alle politiche belliche del proprio Paese.



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